Quadri clinici


L’allergia ai ß-lattamici può essere causa di quasi tutti i quadri clinici delle reazioni a farmaci: per questo ha sempre costituito un modello di studio universale.
Le reazioni allergiche si dividono abitualmente, in base al meccanismo immunologico, nei 4 gruppi di Gell e Coombs (Tab II) o, in base alla comparsa dei sintomi, in immediate (comparsa entro 1 ora dalla somministrazione) e non immediate (> 1 ora)2 .

Tipo Meccanismo immunologico Quadri clinici Test specifici disponibili
IgE shock, orticaria-angioedema, asma, rinite prick test, intradermo, test in vitro
II° IgG, IgM: reazioni citolitiche-citotossiche anemia emolitica solo test in vitro, disponibili in laboratori specialistici di ricerca
III° Immunocomplessi malattia da siero, vasculiti solo test in vitro, disponibili in laboratori specialistici di ricerca
IV° linfociti T rash morbilliformi e maculo-papulari, dermatite da contatto, Stevens-Johnson? Lyell? patologie d’organo? Patch test, intradermo- reazioni a lettura ritardata, test in vitro
Tabella II: classificazioni delle reazioni allergiche a farmaci secondo Gell e Coombs

Diagnosi

Il percorso diagnostico è il seguente:
• anamnesi
• determinazione IgE specifiche sieriche
• test cutanei
• test di tolleranza

Anamnesi
L’anamnesi deve accertare:
a) il tempo intercorso fra l’assunzione del farmaco e l’inizio della reazione;
b) il tempo trascorso tra la reazione ed i test diagnostici.
c) altri farmaci assunti contemporaneamente
d) da quanti giorni avesse iniziato la terapia,
e) il trattamento ricevuto per risolvere la reazione,
f) altre reazioni avverse a farmaci, sia prima che dopo l’episodio
Al riguardo è utile seguire il questionario dell’ENDA (European Network of Drug Allergy)3.

Tests cutanei per inalanti e alimenti
È importante valutare se coesiste anche una allergia ad alimenti in quanto in alcuni casi la reazione può essere stata provocata dall’allergia da un alimento assunto insieme al farmaco.

Test in vitro
La ricerca delle IgE specifiche in vitro mediante test commerciali ampiamente disponibili quali il CAP® (Pharmacia) ha alcuni vantaggi rispetto ai test cutanei:
• non comporta rischio per i pazienti
• si può effettuare nei pazienti con malattie cutanee intercorrenti per i quali non è possibile utilizzare le prove cutanee
• fornisce risultati quantitativi e comparabili
Ha come svantaggi:
• minore sensibilità
• minore specificità in caso di elevati livelli di IgE totali
• maggior costo
• maggior tempo d’esecuzione
• disponibilità di pochi allergeni: penicilloile G e V, amoxicilloile, ampicilloile, cefaclor.
Da notare che si tratta di determinanti maggiori, molecole cioè in cui l’anello ß-lattamico è aperto per cui la molecola è legata ad un carrier: l’epitopo può essere invece presente su un determinante minore, cioè sulla molecola come tale, con l’anello ß-lattamico chiuso.

La ricerca delle IgE verso altri ß-lattamici e verso i determinanti minori può essere effettuata usando come fase solida il sefarosio epossi-attivato, metodica disponibile solo in alcuni centri di ricerca.
Mediante questa metodica nel nostro laboratorio abbiamo evidenziato IgE specifiche sieriche in numerosi casi di reazioni alle cefalosporine.
Il test di trasformazione dei linfociti o LTT (lymphocyte transformation test) è un test elaborato e di difficile esecuzione ed è limitato a centri di ricerca: non è da considerarsi un esame di routine ma bensì un test complementare.
La liberazione di istamina dai basofili ha scarsa sensibilità nel campo dell’allergia a farmaci.
Il CAST® (Cellular Antigen Stimulation Test, Bühlmann) consente di dosare la produzione in vitro di sulfoleucotrieni da parte di cellule mononucleate incubate con l’allergene; è disponibile in commercio ma non vi sono ancora sufficienti trial clinici che ne confermino la predittività nel campo dell’allergia a farmaci.


Il FAST o FLOW-CAST (Bühlmann) è una nuova tecnica di determinazione in citofluorimetria dell’espressione dell’antigene CD 63 sui basofili, dopo stimolazione con un allergene.
Il CD 63 è un marker di degnanulazione, la cui comparsa alla superficie del basofilo è più specifica della degnanulazione stessa, che può essere provocata da molti fattori aspecifici: per questo il vecchio test di degranulazione dei basofili soffriva di scarsa specificità.
Anche per questo test non c’è ancora in letteratura sufficiente evidenza riguardo a sensibilità e specificità.
Il dosaggio sierologico dell’istamina e della triptasi mastocitaria, effettuato nelle ore successive alla reazione, è utile nei casi dubbi per accertare la natura anafilattica dell’evento.

Tests cutanei per ß-lattamici

In quali casi effettuare i test cutanei - Le prove cutanee sono predittive nelle reazioni di I e IV tipo e quindi nei casi seguenti4:
• reazioni anafilattiche/anafilattoidi*
• orticaria-angioedema, broncospasmo, rinite, congiuntivite*
• dermatite da contatto?
• eritema multiforme?
• eruzioni esantematiche?
• eritema fisso da farmaci?
• esantema acuto pustoloso generalizzato (acute generalized exanthematous pustulosis) ?
• reazioni fotoallergiche?
• porpora/vasculite leucocitoclastica?
• sindrome di Stevens-Johnson?
• sindrome di Lyell (necrolisi epidermica tossica) ?
* impiegare prick ed intradermoreazioni in prima istanza
? impiegare il patch test in prima istanza
In tutte le altre reazioni allergiche i test cutanei non sono predittivi: febbre, reazioni ematologiche, reazioni autoimmuni, malattia da siero, reazioni epato-cellulari e/o colestatiche, nefropatie, pneumopatie ed altri coinvolgimenti d’organo.


Quali test effettuare
I tests cutanei sono rappresentati dal prick, intradermoreazione (a lettura immediata e ritardata) e patch test.
La sequenza è dettata dal tipo di reazione: nelle reazioni ritardate si inizia con il patch test per motivi di sicurezza ed in caso di esito negativo si effettuano prick ed intradermoreazioni a lettura immediata e ritardata. Infatti i test intradermici a lettura ritardata sono più sensibili del patch nelle reazioni ritardate2 ma in alcuni casi possono provocare reazioni sistemiche. Sebbene meno sensibili, i patch test appaiono essere più specifici rispetto alle intradermoreazioni a lettura ritardata.
Infatti sono riportati soggetti con intradermoreazioni positive a lettura ritardata ma con challenge negativo5.
Quindi il prick test, alla concentrazione di 20 mg/ml, deve essere sempre effettuato prima del test intradermico.
Il test intradermico viene effettuato a partire da 0.2 mg/ml fino ad arrivare alla concentrazione di 20 mg/ml. Nei casi di gravi reazioni è opportuno impiegare concentrazioni iniziali ancora più basse, poiché le reazioni sistemiche, in particolare al test intradermico, possono essere molto gravi.
Le prove cutanee devono essere effettuate da personale altamente specializzato ed in ambiente idoneo per unità di rianimazione.

Reattivi da impiegare
Nel nostro Centro vengono testati di routine il determinante maggiore della penicillina G o PPL (Penicilloyl-Poli-Lysine), la miscela di determinanti minori o MDM (minor Determinant Mixture: benzilpenicillina e benzilpenicilloato) commercializzati dalla Merck come Allergopen®, amoxicillina e cefuroxim.
E’ importante l’impiego anche di ß-lattamici come tali perché spesso l’epitopo allergenico è costituito da una catena laterale o dall’anello diidrotiazinico o tiazolidinico.
A questa batteria vengono aggiunti altri ß-lattamici in base alla storia clinica.
I ß-lattamici possono in condizioni fisiologiche legarsi con legami covalenti nel plasma a macromolecole per formare complessi multivalenti apteri-carrier. In particolare l’anello ß-lattamico, che è instabile, si apre e si lega con gli aminogruppi lisinici da cui si forma il penicilloile (Fig.5).

Fig.5 Struttura del benzilpenicilloil

Il penicilloile viene definito determinante “maggiore” perché il 95% delle molecole di penicillina subisce questa trasformazione. Il 5% delle molecole isomerizza ad ac. penicillenico con apertura dell’anello tiazolidinico e formazione dei determinanti “minori” fra i quali, oltre alla penicillina G come tale, abbiamo penicilloato, penilloato, penicillenato, penaldeide, penamaldile etc.
Essi aptenizzano le proteine somatiche tramite gruppi carbossilici e tiolici.
Pertanto il termine maggiore e minore è riferito solo alla prevalenza di questi determinanti e non al loro significato clinico e immunologico.
Il PPL è coperto da brevetto e consiste di 5 molecole di penicilloile legate ad un carrier ad alto peso molecolare, la polilisina, in modo da costituire un allergene multivalente.
Se l’antibiotico sospettato non è noto si usa abitualmente un’aminopenicillina come l’amoxicillina ed una cefalosporina come il cefuroxim, oltre eventualmente al ß-lattamico che deve essere somministrato, purchè presente in fiale per uso parenterale senza additivi, essendo necessaria una soluzione sterile per le intradermoreazioni; il cefuroxim ha il vantaggio di essere in commercio sia in fiale per uso parenterale, per poter effettuare sia prick che intradermoreazioni, sia in preparati per via orale (cefuroxim-axetile), per poter effettuare un test di tolleranza in caso di test negativo.
Le concentrazioni consigliate in letteratura sono di 20 mg/ml per le penicilline e 2 mg/ml per le cefalosporine6. Nella nostra esperienza di diverse centinaia di casi la concentrazione di 20 mg/ml non si è dimostrata irritante ad eccezione di cefepime ed è pertanto da noi utilizzata anche per le cefalosporine poiché aumenta la sensibilità del test cutaneo. Soluzioni più concentrate possono dar luogo a falsi positivi per irritazione cutanea.
I patch test vengono utilizzati al 5% in vaselina.
Se non esiste il reattivo in commercio, si utilizza il farmaco al 30% in fisiologica (300 mg/ml); è opportuno testare sia la penicillina G che le aminopenicilline e le cefalosporine, oltre che l’antibiotico sospettato e quello da somministrare.
Il patch test con ß-lattamici è potenzialmente sensibilizzante e quindi non deve essere effettuato indiscriminatamente ma solo in casi selezionati, in base ad un fondato sospetto clinico di reazione da contatto o, più spesso, di reazione di tipo ritardato, per lo più maculo-papulare.


Interpretazione dei risultati
Il risultato del prick e del test intradermico viene valutato dopo 20’. Si considera positivo il test che provoca un pomfo del diametro di almeno 5 mm con eritema superiore o uguale al pomfo ed eventualmente prurito.
E’ necessario effettuare diverse letture del test intradermico (3,6,12 e 24 ore) poiché reazioni ritardate a tipo papula rossa con prurito sono frequenti ed indicative generalmente di una sensibilizzazione di tipo cellulo-mediato. Sono possibili anche se più rare, positivizzazioni molto ritardate (3-6 giorni)7.
I patch test vengono letti routinariamente a 48 e 72 ore.
Il livello di ipersensibilità diminuisce con il tempo, con una cinetica estremamente diversa da paziente a paziente. In generale si negativizzano prima i test sierologici e successivamente i test cutanei.
E’ quindi importante effettuare le prove allergologiche al più presto, dopo una reazione, anche se non prima di un mese.
E’ quindi possibile che dopo anni, ma a volte anche dopo mesi, da una reazione allergica i test risultino negativi.
E’ quindi necessario un test di tolleranza ed una ripetizione dei test cutanei dopo circa un mese dal test di tolleranza.
La positività cutanea persiste più a lungo nei pazienti i cui epitopi coinvolgono più di una struttura (ad esempio catena laterale + un anello) rispetto a quelli il cui epitopo è costituito solo da una catena laterale8.
I pazienti con reazioni di tipo ritardato, cellulo-mediato, mantengono più a lungo la positività cutanea rispetto a quelli con reazioni di tipo immediato, IgE-mediato9.

Test di tolleranza
Anche utilizzando nelle prove cutanee numerosi determinanti, circa il 30% dei pazienti necessita una risomministrazione controllata per confermare o escludere la sensibilizzazione10. In pazienti con anamnesi suggestiva di una reazione ad un ß-lattamico e con prove cutanee e sierologiche negative dovrà essere effettuato il test di tolleranza con il farmaco sospetto.
Noi utilizziamo un protollo in 3 sedute Tab.

1^ seduta Placebo
1/100 della cp
1/10 della cp
2^ seduta ½ cp
3^ seduta cp intera
Tab. schema di test dose

Il test di tolleranza trova indicazione nei casi in cui vengono riferite reazioni a tipo orticaria, angioedema, rash morbilliformi o maculo-papulari o quando i sintomi riferiti sono vaghi, soggettivi, non suggestivi di reazioni immuno-mediate (Tabella di Coombs e Gell) o quando il rapporto tra assunzione del farmaco e sintomi è molto dubbio. Deve essere evitato in caso di sospette reazioni gravi quali shock, edema della glottide, eruzioni cutanee di tipo bolloso, interessamento viscerale (epatopatie, nefropatie) o ematico (citopenie) e quando il rapporto tra assunzione del farmaco e comparsa dei sintomi è molto chiaro. Sebbene studi prospettici non siano disponibili, dopo un test di tolleranza con ß-lattamico è prudente ripetere il prick test e l’intradermoreazione dopo circa un mese per verificare se il test di tolleranza abbia ri-sensibilizzato o neo-sensibilizzato il paziente11.
Le indicazioni da parte dell’ENDA per i test di tolleranza con antibiotici, in linea generale sono12:

1. escludere un’etichetta di allergia a farmaci in una storia non suggestiva e con sintomi che possono ricordare le reazioni vasovagali
2. dimostrare sicuro un farmaco che non è strutturalmente correlato in un paziente allergico a farmaci (ad esempio: test di tolleranza con macrolidi in un paziente allergico ai ß-lattamici).
In questi casi l’utilità del test è soprattutto psicologica: convincere un paziente, che ha avuto un’esperienza a rischio di vita, che un antibiotico alternativo è sicuro. In questi casi la ripetizione del test cutaneo dopo il test di tolleranza non è indicato, sia per la non predittività del test cutaneo sia per la bassa incidenza di reazioni francamente allergiche con questi antibiotici.
3. escludere una crossreattività fra farmaci dello stesso gruppo (test di tolleranza con cefalosporine in un paziente allergico all’amoxicillina)
4. stabilire la diagnosi in una storia suggestiva di allergia a farmaci ma con test allergologici negativi, o non conclusivi o non disponibili (una reazione maculopapulare durante un trattamento con aminopenicilline).
Ovviamente quest’ultima indicazione è al più alto rischio.

Referto
Il paziente alla fine deve essere in possesso di un documento con l’indicazione dei farmaci da evitare e di quelli da impiegare.
Questo documento, detto “allergy passport”12 deve contenere:
1. il nome dei farmaci con i quali il paziente ha presentato reazione (sia il nome commerciale che la molecola)
2. il tipo di reazione
3. i test utilizzati per la valutazione diagnostica, compreso data, metodo ed eventuali commenti
4. i farmaci raccomandati come alternativi
5. istruzioni per un trattamento di emergenza per una futura reazione avversa

Management dei casi urgenti nei quali non è possibile fare test allergologici:
• In caso di reazione lieve cutanea (eritema, esantema), quando è noto il farmaco che ha dato la reazione e nel caso fossero necessari i ß-lattamici: consigliare cefalosporine come “alternative” alle penicilline e viceversa (il rischio è basso, <2%)13 oppure aztreonam, che raramente presenta reattività crociata con gli altri (ad eccezione del ceftazidim, messo in commercio nel 1984). Iniziare la terapia per via orale e con un breve test di tolleranza (¼ di cp, ½ cp e poi la cp intera nell’arco di 24 ore): solo successivamente si può passare alla via parenterale.

• In caso di reazione grave, evitare tutti i ß-lattamici.
• In caso di reazione grave e nel caso fossero indispensabili i ß-lattamici, potrà essere effettuata la desensibilizzazione: la desensibilizzazione deve essere comunque evitata nei casi di reazioni muco-cutanee bollose o ulcerative, suggestive di sindrome di Stevens-Johnson o Lyell, ematologiche, epatiche e renali.
E’ consigliabile una premedicazione con corticosteroidi ed antistaminici, anche se secondo alcuni autori potrebbero mascherare i sintomi precoci di una reazione grave.

Management dei casi di elezione

Reazione con antibiotico non ß-lattamico
Si programmano le prove sierologiche e cutanee per ß-lattamici.
Se negative consigliare gli antibiotici ß-lattamici testati, se positive rivalutare l’anamnesi e se si conferma l’assenza di reazioni con ß-lattamici valutare un cauto test di tolleranza per via orale con l’antibiotico risultato positivo alle prove cutanee per non escludere dal paziente anche questa classe di antibiotici.

Reazione con Antibiotico ß-lattamico noto e test sierologico positivo: è giustificato il test cutaneo di conferma solo se si desidera accertare l’eventuale reattività crociata con gli altri ß-lattamici, ad esempio penicilline-cefalosporine e viceversa, e proseguire con il percorso diagnostico di cui sopra.

Reazione con una “penicillina” imprecisata: dovrà essere valutato il rischio beneficio di prove cutanee con antibiotici ß-lattamici (in base al tipo ed alla gravità della reazione, all’intervallo di tempo dalla reazione, se fossero stati assunti contemporaneamente altri farmaci, l’età del paziente, le sue condizioni generali etc).
Reazione grave con ß-lattamico noto: prove con ß-lattamici compreso l’antibiotico sospetto: nel caso di positività all’antibiotico responsabile della reazione, si valuterà il rapporto rischio/ beneficio di un test di tolleranza con un ß-lattamico non correlato, negativo al test cutaneo (ad es. test di tolleranza con cefalosporina in un paziente che ha avuto una reazione con un’aminopenicillina).
Se le prove cutanee sono negative per tutti gli antibiotici testati, compreso quello sospetto, si consiglierà di evitare tutti i ß-lattamici, poiché il paziente potrebbe essere stato positivo per un epitopo a comune con tutti i ß-lattamici ed essersi nel frattempo negativizzato e si consiglierà test di tolleranza con un altro antibiotico diverso da ß-lattamici;
Reazione cutanea non grave (orticaria, rash morbilliforme o maculo-papulare) con ß-lattamico noto, accaduta di recente (1-2 anni): se le prove sono negative per l’antibiotico responsabile, potrà essere effettuato il test di tolleranza con il farmaco responsabile (vedi sopra).
Reazione cutanea non grave con ß-lattamico noto ma non recente: se le prove sono risultate negative sia per l’antibiotico responsabile che per un ß-lattamico “alternativo”, a causa della maggiore possibilità che il test si sia negativizzato nel tempo, sarà preferibile effettuare un test di tolleranza con il ß-lattamico alternativo (ad es. test di tolleranza con cefalosporina in un paziente che ha avuto una reazione lieve con un’aminopenicillina).


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